IL TRIBUNALE

    Sulla  richiesta  del  p.m.  di convalida dell'arresto di Mohamed
Salah,  n. Algeria  l'8 maggio  1980, alias Salah Mohamed arrestato a
Bologna il 26 novembre 2002 ai sensi dell'art. 14, comma 5-quinquies,
d.lgs. n. 286/1998 - come modificato dalla legge n. 189/2002 - per la
contravvenzione  prevista  e  punita  dall'art. 14 comma 5-ter stessa
legge;
    Premesso  che  l'arrestato e' stato espulso con provvedimento del
Prefetto  di  Bologna  in  data  6 novembre  2002  e  in pari data il
questore  di  Bologna  gli ha ordinato di allontanarsi dal territorio
dello  Stato  entro  5  giorni  ai  sensi  dell'art. 14, comma 5-bis,
d.lgs., n. 286/1998, come modificato dalla legge n. 189/2002;
    Dato   atto   che   l'arrestato   e'   privo   di   documenti  di
identificazione   validi   ed   e'   stato   sottoposto   a   rilievi
dattiloscopici  per  la  sua  identificazione, in base ai quali si e'
accertato  che  lo  stesso  e' stato identificato altre tre volte con
diversi nominativi ma mai denunciato per reati;

                            Osservato che

    Il  decreto  legislativo n. 286/1998 come recentemente modificato
dalla  legge n. 189/2002 prevede l'espulsione dello straniero che sia
entrato  nel  territorio  dello  stato  sottraendosi  ai controlli di
frontiera  o  vi si sia trattenuto senza permesso di soggiorno valido
(art. 13, comma 2, lett. a-b);
    L'espulsione  e'  disposta dal prefetto ed e' sempre eseguita dal
questore  con  accompagnamento  alla  frontiera  a  mezzo della forza
pubblica  (art. 13, comma 4), salvo nei casi concernenti lo straniero
il cui permesso di soggiorno sia scaduto da piu' di sessanta giorni e
non  ne  sia  stato  chiesto  il  rinnovo,  per il quale l'espulsione
eseguita  mediante  accompagnamento  alla  frontiera viene sostituita
dall'intimazione a lasciare il territorio dello Stato entro 15 giorni
(art. 13, comma 5);
    La  regola  fissata dal comma 4 dell'art. 13 puo' essere derogata
quando  non  e'  possibile  eseguire  con  immediatezza  l'espulsione
mediante  accompagnamento  alla  frontiera  ovvero  il respingimento,
perche'  occorre  procedere al soccorso dello straniero, accertamenti
supplementari  in  ordine  alla  sua identita' o nazionalita', ovvero
all'acquisizione   di   documenti   per   il   viaggio,   ovvero  per
l'indisponibilita'  di  vettore  o  altro  mezzo  di trasporto idoneo
(art. 14, comma 1);
    In  tal  caso il questore dispone che lo straniero sia trattenuto
per  il  tempo strettamente necessario presso il centro di permanenza
temporanea e assistenza piu' vicino;
    Come   rimedio  ulteriore  ed  estremo,  qualora  non  sia  stato
possibile   trattenere   lo   straniero  nel  centro,  o  trattenerlo
ulteriormente  (essendo decorso il termine massimo di giorni 30+30 di
cui  al  comma  5 dell'art. 14), il Questore ordina allo straniero di
lasciare  il  territorio  dello  stato entro 5 giorni (art. 14, comma
5-bis);
    Orbene,  implicitamente  confermando che la clandestinita' in se'
non  e'  reato  ma solo l'inottemperanza al relativo provvedimento di
espulsione,   il   legislatore   ha   contemplato   diverse   ipotesi
sanzionatorie per l'inosservanza dei diversi tipi di espulsione;
    La  disobbedienza  che si realizzi per la prima volta, di regola,
e'  un  illecito  contravvenzionale  (l'eccezione e' costituita dalla
trasgressione   all'espulsione  disposta  dal  giudice  a  titolo  di
sanzione  sostitutiva o alternativa alla detenzione; art. 16, commi 1
e  5);  le  condotte  sanzionate sono il rientro nel territorio dello
stato   senza  speciale  autorizzazione  del  ministero  dell'interno
(art. 13,  comma  13) e il trattemmento ingiustificato nel territorio
dello stato in violazione dell'ordine impartito dal questore ai sensi
dell'art. 14,  comma  5-bis;  per entrambe le contravvenzioni la pena
prevista  e'  l'arresto  da sei mesi ad un anno ed e' previsto che si
proceda   a  nuova  espulsione  con  accompagnamento  alla  frontiera
(art. 13, comma 13, in fine, e art. 14, comma 5-ter, in fine);
    La   reiterazione  della  condotta  disobbediente  (ovverosia  il
rientro   dello  straniero  gia'  denunciato  per  il  reato  di  cui
all'art. 13,  comma  13, o il rinvenimento nel territorio dello Stato
dello  straniero espulso ai sensi dell'art. 14, comma 5-ter) realizza
un  delitto,  punito  con la reclusione da 1 a 4 anni (art. 13, comma
13-bis, in fine e art. 14, comma 5-quater);
    Quanto agli aspetti processuali, gli art. 13 e 14 prevedono per i
reati  in  ciascuno  di  essi  contemplati  rispettivamente l'arresto
facoltativo  in  flagranza  (art. 13, comma 13-ter; per le violazione
dell'art. 13-bis  e'  consentito  anche  il  fermo  fuori dei casi di
flagranza)  e  l'arresto  obbligatorio (art. 14, comma 5-quinquies) e
sempre il rito direttissimo;

                            Ritenuto che

    La  questione  di legittimita' costituzionale dell'art. 14, comma
5-quinquies,  nella  parte in cui prevede come obbligatorio l'arresto
per  il  reato  di  cui  al  comma  5-ter  appare  non manifestamente
infondata  e  rilevante  e  va sollevata d'ufficio per le ragioni che
seguono,   con   riferimento   ai  parametri  costituzionali  di  cui
all'art. 3, Cost.;
    I  reati  contravvenzionali previsti dagli art. 13 e 14 rivestono
quanto  meno  pari  gravita'; infatti sono sanzionati con la medesima
pena    edittale,   prevedono   identiche   conseguenze   sul   piano
amministrativo  (nuova espulsione con accompagnamento alla frontiera)
e  penale  (lo  straniero  che,  dopo  essere stato denunciato per la
contravvenzione,  viene  nuovamente  colto nel territorio dello Stato
commette  un  delitto punito con la reclusione da 1 a 4 anni) in caso
di reiterazione della condotta;
    In  realta',  a  ben  vedere,  la condotta descritta all'art. 14,
comma  5-ter,  appare  meno grave di quella di cui all'art. 13, comma
13;  in  quest'ultimo  caso  lo  straniero  che,  dopo  essere  stato
accompagnato   coattivamente  alla  frontiera  a  mezzo  della  forza
pubblica  e  fisicamente  espulso  dal  territorio  dello  Stato,  vi
rientra, pone in essere una condotta attiva di trasgressione non solo
ad  un  ordine  legalmente  dato  ma  anche  ad  attivita'  che hanno
impegnato  lo  Stato  con  risorse  umane  e  materiali,  e ha quindi
mostrato un atteggiamento volitivo particolarmente forte; la condotta
di  cui  all'art. 14,  comma 5-ter, e' invece meramente omissiva, nel
senso  che lo straniero "intimato" si limita a non adempiere l'ordine
e   a   non   presentarsi   alla   frontiera  nel  termine  indicato,
atteggiamento che e' compatibile anche con la semplice colpa;
    Se  e'  dunque  corretto  ritenere  che la contravvenzione di cui
all'art. 14,  comma  5-ter,  e' di gravita' pari o addirittura minore
rispetto  a  quella  di  cui  all'art. 13, comma 13, non vi e' alcuna
ragione  che giustifichi la previsione di un arresto obbligatorio nel
primo caso e facoltativo nel secondo;
    Ma   v'e'   di   piu';  l'art. 13,  comma  13-ter,  prevede  come
facoltativo l'arresto anche in caso di commissione di uno dei delitti
previsti  dal  precedente  comma  13-bis;  e fra essi, oltre a quello
dello straniero che, gia' denunciato per la contravvenzione di cui al
comma   13  e  nuovamente  espulso  con  nuovo  accompagnamento  alla
frontiera,  sia  rientrato  nel  territorio  dello Stato, vi e' anche
quello  di  violazione  dell'espulsione disposta dal giudice; orbene,
tale  espulsione  ai  sensi  dell'art. 16  del  decreto  puo'  essere
disposta  con  la sentenza, come sanzione sostitutiva di condanna per
reato  non colposo ad una pena detentiva entro il limite di due anni,
e  quindi anche in relazione a soggetti che hanno dimostrato gia', in
concreto,  di  essere  pericolosi,  tenuto  conto  dell'entita' della
condanna  loro  inflitta;  non  vi  e' alcun dubbio che tali soggetti
debbano  essere  ritenuti  piu'  pericolosi  e il loro reingresso nel
territorio  dello Stato piu' allarmante del semplice permanere di uno
straniero  la  cui  unica  colpa e' quella di avere trasgredito ad un
ordine  del  questore  che gli intimava di uscire dallo Stato entro 5
giorni;
    Sembra pertanto indiscutibile che nel sistema degli artt. 13 e 14
il  legislatore  abbia trattato in maniera difforme situazioni quanto
meno uguali (prevedendo l'arresto obbligatorio per la contravvenzione
di   cui  all'art. 14,  comma 5-ter,  e  quello  facoltativo  per  la
contravvenzione  di  cui  all'art. 13, comma 13) e maniera piu' grave
reati  di  minore  gravita'  (la  contravvenzione di cui all'art. 14,
comma 5-ter, rispetto ai delitti di cui all'art. 13, comma 13-bis);
    Peraltro    l'arresto   obbligatorio   e'   istituto   riservato,
nell'attuale  ordinamento,  solo  ai  delitti  e  fra  essi  a quelli
particolarmente   gravi   indicati   nell'art. 380,  c.p.p.;  nessuna
contravvenzione  prevede  l'arresto  obbligatorio e solo una (art. 6,
d.l.  n. 122/1993  convertito  in legge n. 205/1993) lo consente come
facolta';  anche  in  tale  ultima  ipotesi, inoltre, la condotta che
viene  sanzionata  in  via  preprocessuale con l'arresto in flagranza
appare  di  notevole  pericolosita'  sociale  (porto  nelle pubbliche
riunioni  di  armi  o  strumenti  atti ad offendere e porto di armi o
strumenti  atti  ad  offendere  per ragioni di odio razziale, etnico,
ecc.)  in confronto alla condotta di chi contravviene all'obbligo del
questore di lasciare il territorio dello Stato entro 5 giorni;
    Ne'   la   disparita'   di   trattamento  sembra  trovare  alcuna
giustificazione di natura processuale o di politica criminale;
    Infatti  da un lato, poiche' nel nostro ordinamento e' consentito
procedere  nella  contumacia  dell'imputato,  non  appare  necessario
garantirne   fisicamente  la  presenza  di  fronte  al  giudice,  ne'
l'obbligatorieta'  dell'arresto  e' necessariamente collegata al rito
processuale   adottabile  (rito  direttissimo),  giacche'  lo  stesso
decreto   legislativo   n. 286/1998   prevede  il  rito  direttissimo
obbligatorio  per  i reati di cui all'art. 13, commi 13-bis e 13-ter,
per  i  quali  -  come  detto - l'arresto e' facoltativo, in tal modo
introducendo  una deroga al generale principio secondo cui l'adozione
del rito direttissimo e' generalmente collegata all'arresto (peraltro
gia' il comma 5 dell'art. 449, c.p.p., prevede una ipotesi diversa di
rito  direttissimo,  collegato  alla  confessione dell'imputato e non
all'avvenuto arresto; analogamente l'art. 12-bis, d.l. 8 giugno 1992,
n. 302,  stabilisce  che  per  i  reati  concernenti  le  armi  e gli
esplosivi  il  pubblico  ministero  procede  al giudizio direttissimo
anche fuori dei casi previsti dagli art. 449 e 558, c.p.p.);
    D'altro   lato,   va   rammentato   che   la  ratio  della  norma
incriminatrice  e'  quella  di  sanzionare  un  soggetto  che  si  e'
sottratto  all'esecuzione  volontaria  di  un  ordine dell'autorita',
ordine  che  e'  stato  emanato  perche'  egli si trova bensi' in una
condizione soggettiva particolare (senza documenti di identificazione
e  dunque  non  passibile  di  espulsione coatta verso un determinato
stato) ma in se' non illecita, non integrando alcuna ipotesi di reato
l'essere clandestino e non identificato; inoltre, scegliendo il reato
di   natura  contravvenzionale  (del  resto  conformemente  ad  altre
fattispecie   analoghe;   v.   art. 650,   c.p.,   e   art. 2,  legge
n. 1423/1956)  lo  stesso  legislatore  ha qualificato la condotta in
termini  di minore gravita', rendendo anche impossibile l'adozione di
qualunque  misura  cautelare;  e'  ben  vero  che  nella  sfera della
discrezionalita'  legislativa  rientrano  le  scelte sulla qualita' e
quantita'  delle  sanzioni  e  sui presupposti diapplicabilita' delle
misure  cautelari  e  precautelari,  ma e' altrettanto vero che l'uso
della  discrezionalita'  legislativa  puo'  essere censurato sotto il
profilo  della  legittimita'  costituzionale  nei casi in cui non sia
stato  rispettato il limite della ragionevolezza (cfr. sentenze Corte
costituzionale  n. 26/1979,  103/1982,  409/1989,  341/1994;  secondo
Corte  costituzionale  n. 53/1958  "non  si  compiono  valutazioni di
natura politica e nemmeno si controlla l'uso del potere discrezionale
del  legislatore  se si dichiara che il principio dell'uguaglianza e'
violato  quando  il  legislatore  assoggetta  ad  una  indiscriminata
disciplina situazioni che esso stesso considera e dichiara diverse");
    Ne' puo' dubitarsi che il principio di uguaglianza, nonostante il
riferimento  letterale  dell'art. 3,  Cost.,  ai  "cittadini",  debba
ritenersi  esteso  anche  agli  stranieri,  allorche' si tratti della
tutela   dei  diritti  inviolabili  dell'uomo  (Corte  costituzionale
n. 104/1969);
    Nella  fattispecie  concreta  la  questione  e'  anche rilevante;
infatti  Mohamed  Salah  e'  stato privato della liberta' personale e
obbligatoriamente    arrestato,    senza    alcuna   valutazione   di
pericolosita',   per  la  violazione  dell'art. 14,  comma  5-ter,  e
condotto  avanti  al  giudice  per  la  convalida  dell'arresto  e il
giudizio  direttissimo ai sensi dell'art. 558, c.p.p.; la circostanza
che  la  mancata  convalida  dell'arresto  del  prevenuto nel termine
previsto dagli artt. 558 e 391, ultimo comma, c.p.p., determinera' la
caducazione  della  misura,  non  puo' influire sulla rilevanza della
questione  di  legittimita',  come puntualmente osservato dalla Corte
costituzionale  con  sentenza  n. 54/1993  nella  quale  si legge "il
provvedimento   di   liberazione  dell'arrestato  era  imposto  dalla
disposizione dell'art. 391, settimo comma, ultima parte del codice di
rito  ... poiche' tale disposizione ricollega la perdita di efficacia
dell'arresto alla carenza, per qualsiasi ragione, di un provvedimento
positivo   di   convalida   nello   stesso   termine,  e'  ovvio  che
l'impossibilita'  di  rispettarlo  conseguente  all'elevazione  della
questione  comportava  (o  avrebbe  di  li'  a  poco  ineludibilmente
comportato)  l'intervento di tale autonoma causa di carenza di valido
titolo di detenzione, a prescindere dall'esaurimento del procedimento
di   convalida,   che...  era  stato  contestualmente  sospeso.  Tale
procedimento  non  puo'  percio'  ritenersi  esaurito,  ne' di esso i
giudici  si  sono  spogliati:  e  la  sua  persistenza  nonostante la
liberazione  trova  ragione  nell'interesse generale ad una pronuncia
sulla  legittimita'  dell'arresto,  che ha pur sempre determinato una
privazione  della  liberta'.  La  rilevanza  della questione, dunque,
permane,  trattandosi  di  stabilire se la liberazione dell'arrestata
debba considerarsi conseguente all'applicazione dell'art. 391 settimo
comma,  ovvero,  piu'  radicalmente,  alla  caducazione  con  effetto
retroattivo  della disposizione in base alla quale gli arresti furono
eseguiti".
    Sulla  base  delle  considerazioni fin qui svolte la questione di
legittimita'  costituzionale  dell'art. 14, comma 5-quinquies, d.lgs.
n. 286/1998,  come modificato dalla legge n. 189/2002, nella parte in
cui  prevede  come  obbligatorio  l'arresto per il reato previsto dal
comma  5-ter,  in  relazione all'art. 3 della Costituzione appare non
manifestamente infondata e rilevante.